IT (2017)

  • REGIA: Andres Muschietti

  • ATTORI: Bill Skarsgård, Finn Wolfhard, Jaeden Lieberher, Nicholas Hamilton, Owen Teague, Sophia Lillis, Megan Charpentier, Steven Williams, Wyatt Oleff, Jeremy Ray Taylor, Jack Grazer

Adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King, IT si incentra sulla prima parte del racconto, ambientata negli anni 80. Il palloncino rosso che galleggia a mezz’aria è il biglietto da visita di una misteriosa entità demoniaca che tormenta i ragazzini di Derry, attirandoli in una trappola mortale senza vie di scampo. Nell’immaginaria cittadina del Maine dove la gente scompare senza motivo, l’ennesima vittima è un bambino di sette anni di nome George, risucchiato in un tombino durante un temporale. Un gruppo di ragazzini perseguitati dai bulli per diverse ragioni, si riunisce sotto la denominazione di Club dei Perdenti per indagare sul mistero della morte di George e degli altri ragazzi scomparsi. Leader dei Perdenti è il giovane Bill Denbrough (Jaeden Lieberher), fratello maggiore dell’ultima vittima, attanagliato dai sensi di colpa per non aver impedito il brutale assassinio. Al suo fianco, bersagli naturali dei prepotenti per indole, aspetto o condizioni economiche, ci sono il grassoccio Ben (Jeremy Ray Taylor), l’impulsivo Richie (Finn Wolfhard), il pragamatico Stan (Wyatt Oleff), l’appassionato di storia Mike (Chosen Jacobs), l’ipocondriaco Eddie (Jack Dylan Grazer) e l’unica ragazza della banda Beverly (Sophia Lillis). Quando la ricerca li conduce a un clown sadico e maligno chiamato Pennywise (Bill Skarsgård), ciascuno dei coraggiosi componenti del neonato Club si rende conto di averlo già incontrato prima.

 

Ieri notte, in esclusiva, ho assistito alla proiezione di due film tratti dai romanzi di Stephen King. Il primo “Carrie” bellissimo come sempre, un film che travalica l’idea di horror per diventare qualcosa di più profondo e psicologico, dove l’horror non è altro che un pretesto per raccontare altro.

E dopo, la nuova trasposizione di “IT” , film da molti mesi discusso, nel bene e nel male, è un film che riempirà i cinema, a giudicare dalla presenza di pubblico di ieri notte.

IT è ambientato alla fine degli anni 80, gli omaggi a quel periodo sono tanti e tutti molto belli, dai film che passano al cinema di Derry (Nightmare, Batman, Arma Letale 2) alla musica (New kids on the block) ai poster (Gremlins) già questo particolare ci permette di immergerci pienamente nell’atmosfera di questa piccola cittadina del Maine, una cittadina che sembra assopita, i cui peccati sono nascosti e gli adulti preferiscono non vederli. Grazie a questo torpore morale, da secoli una creatura chiamata Pennywise il clown danzante, ha la possibilità di appagare la sua fame di carne e paura a ogni suo risveglio (27 anni circa, ricordate che il film è ambientato nel 1988).

In mezzo a tutto questo, ci sono le vicende personali di un gruppo di ragazzini, emarginati, problematici e in alcuni casi con situazioni familiari disperate (Beverly), che riescono a trovare nella loro solitudine un punto in comune e un avversario in comune, ovvero IT.

 

 

Ora in molti si staranno chiedendo come mai mi limito alla trama, quando ci saranno un sacco di recensioni che faranno differenze tra film e romanzo, tra film e film e cosi via, ebbene il senso di questo articolo in realtà è quello di raccontare le emozioni suscitate in me, durante la proiezione non mi fermerò a quello ma principalmente voglio raccontare un esperienza piuttosto che una critica cinematografica.

Ma torniamo al film, credo che la scena che tutti aspettavamo era quella del tombino, Georgie e la sua barchetta incontrano IT e qui già c’è la prima grande differenza dal primo IT, non si nasconde nulla ne l’orrore ne l’indifferenza degli adulti di Derry, ed è un crescendo dove si crea questo muro contro muro tra adulti e ragazzi. Questi adulti marci dentro che si nascondono e nascondono la realtà dei fatti, che non la vedono o fanno finta di non vederla. Il film risulta essere molto più snello rispetto al suo predecessore, niente dialoghi inutili o lungaggini sui personaggi, vengono sapientemente introdotti e delineati ma non si ricostruisce pezzo per pezzo il loro passato. Stessa cosa vale per Pennywise, dalla trama si capisce il suo passato ma non c’è un soffermarsi troppo su cosa l’ha portato a Derry, c’è invece la sua presenza costante in città.

E qui sapientemente hanno usato gli effetti speciali, dalla scena del proiettore a quella della casa, passando alle corse frenetiche urlanti (World war Z tanto per citarne uno), IT non vuole essere gigionesco e spaventoso come il clown interpretato da Tim Curry, ma bensì è astratto e poco interattivo salvo che per nutrirsi, non ama dialogare più di tanto, fondamentale differenza con il precedente film. IT non strappa la risata facile, con qualche battutina fuori luogo, lui è feroce ed è un predatore, ha fame e cerca paura.

Altra cosa rilevante rispetto al precedente film è la sessualità, è vero che il primo IT era un prodotto televisivo, ma era anche, estremamente edulcorato questo invece mette in mostra la sessualità malata degli adulti, ma anche i primi fermenti degli adolescenti (il bagno nel lago dei ragazzi con Beverly) , insomma ancora una volta un prodotto più maturo e interessante, più sfaccettato e reale, più fedele al romanzo.

Ovviamente la scena orgiastica non è presente, non sarebbe stata realizzabile, e tutto sommato inutile al fine ultimo della trama, il senso di amicizia e di qualcosa di più è sicuramente presente e si percepisce.

Andiamo al punto di vista tecnico; si sente un po la mancanza della vecchia scuola ma d’altronde gli effetti speciali sono perfetti, assolutamente non invadenti e perfettamente amalgamati con la storia, riferimenti tantissimi, oltre il già citato WWZ, anche la Mummia, buona parte degli horror orientali e ovviamente il primo IT che compare come potete vedere dalla foto, come omaggio ai fan. Altra nota, la musica del film riprende le sonorità del primo IT, la cui musica era pienamente azzeccata.

 

Concludo dicendo che, per una volta, ho visto una seconda edizione di un classico della letteratura, trasposta davvero con estrema cura.

Un bel prodotto, piacevole, interessante e che fa sperare per il prossimo capitolo, insomma finalmente del buon cinema di genere.

 

 

A spasso con Bob (A Street Cat Named Bob – 2016)

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Quando James Bowen trova davanti alla porta del suo alloggio popolare un gatto rosso, rannicchiato in un angolo, indifeso e ferito, non immagina quanto la sua vita stia per cambiare. James, ventisette anni, non ha un lavoro né una famiglia su cui contare. Vive alla giornata per le vie di Londra, e raccoglie qualche spicciolo suonando la chitarra davanti a Covent Garden e nelle stazioni della metropolitana. L’ultima cosa di cui ha bisogno è un animale domestico. Eppure non resiste a quella palla di pelo, che subito battezza Bob. Pian piano James riesce a farlo guarire, e a quel punto lascia il gatto libero di andare per la sua strada, convinto di non rivederlo più. Ma Bob è di tutt’altro avviso: per nulla al mondo intende separarsi dal suo nuovo amico e lo segue ovunque. Instancabile. Finché a James non rimane che arrendersi. E’ l’inizio di una meravigliosa amicizia e di una serie di singolari, divertenti e a volte pericolose avventure che trasformeranno la vita di entrambi.

  • REGIA: Roger Spottiswoode
  • ATTORI: Luke Treadaway, Ruta Gedmintas, Joanne Froggatt, Anthony Head, Beth Goddard, Caroline Goodall

Il cinema da sempre ha raccontato storie che univano esseri umani con altri animali, storie toccanti e di solito formative. Il punto è che molte di queste storie erano appunto storie e non accadimenti reali, A spasso con Bob, invece è una storia vera che affronta in modo diretto e senza addolcirla la vita in una grande metropoli quando si è soli, poveri e in fase di disintossicazione da eroina.

Una storia a lieto fine ma che è , come di solito è la vita, piena di amarezze e di dolore, eppure la bravura nel raccontarla è stata quella di non volersi soffermare su questi aspetti ma su quello della rinascita, dolorosa e faticosa ma infine raggiunta. Una rinascita che inizia grazie a un incontro, quando James pensa che ne suo misero appartamento sono entrati dei ladri e invece scopre che un gatto, anche lui solo e senza un riparo, è riuscito a entrare in casa.

E come spesso avviene con i gatti è amore a prima vista, perché la particolarità dei gatti è proprio quella, ti fanno innamorare e ti scelgono loro, il rapporto che infine si instaura è paritario e di scelta reciproca quotidiana senza pretese di capobranco o di fedeltà canina. Questo a molti risulta ostico accettarlo o comprenderlo ma invece è un dono incredibile, l’affetto di un gatto è qualcosa che ha un unicità temporale assoluta e quindi prezioso.

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Tornando al film, il protagonista come dicevo, rinasce da quell’incontro e improvvisamente lui non è più l’essere più importante a cui pensare, c’è Bob che con il suo essere semplicemente Bob aiuta silenziosamente James a risalire da quel pozzo fatto di droga e di errori che era la sua vita.

Bob momento dopo momento lo segue, l’aspetta e gli fa compagnia, anche nel momento più duro quando arriveranno i conti che per troppo tempo la droga aveva accumulato sarà sempre Bob a sorreggere un James stravolto e senza speranze.

Una bella storia, con un finale lieto senza grandi sogni o promesse ma semplicemente con una possibilità in più.

Film egregiamente diretto da Spottiswoode che riesce sapientemente a dosare tutti i vari aspetti del racconto, senza far cadere il film in un genere,ma prediligendo la storia alle facili atmosfere drammatiche.

Adatto a tutti, in particolare ovviamente, agli amanti dei gatti, ma sopratutto a chi vive un momento di crisi, perché spesso non c’è bisogno di un miracolo, ma solamente di un silenzioso amico che ci tiene compagnia, buona visione.